Nuove Circi nuovi porci.

Il potere assume sembianze diverse a seconda delle società e delle epoche e già alla prima riga inciampo nell’ovvio. Ma accettando di partecipare anch’io per una volta al Bagaglino delle Opinioni, pensa che ti pensa ho cominciato a considerare gli antichi sacerdoti incistatisi nel passato (ogni società ha avuto i propri tarli, vaticani di ogni ordine e grado). Ho tentato di analizzarne i movimenti, in quali modi fossero riusciti a rendersi indispensabili nella gestione del sapere e dell’autorità spirituale e politica, quando non erano essi stessi a promuoversi classe dirigente. Oggi, stupefatto per la monotonia della storia, vedo che l’ascesa di molteplici clan di tecno oligarchi – di ceppo anglosassone per la maggior parte – rappresenta una non più larvale minaccia per NOI, la società mondiale: come millenni fa, i nuovi obbedienti sacerdoti acquisiscono, detengono e maneggiano la conoscenza, per consegnarsi invitti al futuro. Allora per assicurarsi piccole regioni, oggi il pianeta, da tenere in riga su ogni scacchiere.

Gli antichi sacerdoti erano i monopolisti, diciamo così, della conoscenza scritta e orale: gelosissimi custodi, controllavano matematiche, medicina, astronomia, astrologia (il volere dei cieli), religione, politiche. L’asserita, indiscussa e auto conferita capacità di decifrare l’universo e di comunicare con gli dei li faceva giudicare indispensabili al popolo, che ci credeva, e ai sovrani, che cercavano di usarli. Il bestiame umano, privo di accesso a tali poteri e frastornato dalle proprie superstizioni, siringategli indovinate da chi, ovviamente dipendeva da quei Meravigliosi per accettare senza domande eventi celesti, norme religiose, nascite, morti. E naturalmente guerre, sempre contrabbandate come sante.

Oggi il dominio sacerdotale alberga nei nuovi templi, le grandi aziende tecnologiche: nei loro luminosi stanzoni californiani si disegnano e designano le piattaforme che determinano la nostra nuova percezione del mondo, che possiamo comodamente condensare nel poetico “Credeteci, Usateci, Sottomettetevi”. È un dominio mirato alle teste che, sbocciato quasi sotterraneo prima nei garage poi nelle università, ha scelto di imporsi col pappagallesco, assordante, monotono ratataplan mediatico. Algoritmi, IA, big data sono le nuove parole d’ordine che sostanziano i nuovi testi sacri (ma armi, chiamiamole. È pure di moda), ineludibili strumenti di influenza. Oggi un megafono più è tekno più è megafono: siamo fatti così. L’informazione – sterminato concetto – è forgiata da una novissima classe sacerdotale, un ristretto club di ex sedicenni, svelti e feroci e colti. Sono questi bimboidi tecnologici che con strumenti pensati per noi, indirizzati a noi, decidono per noi che cosa è accessibile e prioritario nello spazio digitale, ormai diventato il luccicante sostituto dell’anima, concetto noioso e irriducibile a istanze superiori.

I sacerdoti hanno sempre amato usare i poteri e i saperi, piovuti su di loro da un cielo straordinariamente benigno, per consolidare la propria autorità e garantire l’obbedienza delle greggi, rendendosi indispensabili complici dei super boss che con il loro aiuto hanno continuamente provato, secolo dopo secolo, a farci cambiare voglie e intenzioni. Hanno continuamente innalzato templi terrorizzanti, ieri con marmi e frustate agli schiavi, oggi con server immani, evolute caserme raffreddate da fiumi e sovvenzionate con monete esoteriche. Inoltre, non satolli, col fantasmatico “cloud”, ipnotizzante passe-partout modaiolo; la nuvola delle possibilità, figurarsi. Una volta impetravano a voce alta strane divinità mentre stabilivano riti e sacrifici; dopo molti suffumigi e budelle – i software di quei giorni -, suggerivano al loro Sire gare all’ultimo sangue con altri territori, imponendo regole di comportamento col loro perverso “Dio ti guarda”, quando non addirittura “Dio lo vuole”. Oggi siamo noi che crediamo di guardare dio, gli dei, i loro dei, di parlarci, santo cielo, perché i nuovi furbastri hanno voluto donarci tv e telefonini e pc e mac, vili armi dannate, disperazione di mamme e babbi incoscienti. E così, nulla cambia mai, i tecno oligarchi anno dopo anno hanno plasmato frotte di beccaccioni, sapendo benissimo che se non l’avessero fatto sarebbero evaporati in fretta, sostituiti da altri ancor più giovani e carogne. I social media definiscono contenuti, tifoserie, nemici e tic (uno, puntuale, si fa chiamare Tic Toc), le piattaforme digitali impongono nuove regole economiche e le conseguenti alleanze. Ogni aspetto della vita quotidiana – lavoro, intrattenimento, istruzione, comunicazione, soldi – è sorvegliato e indirizzato da un numero ristretto di iper aziende, venerate come sacri ashram. Nella fantascienza degli anni ’80 andava di moda sproloquiare di multinazionali – quelle giapponesi poi erano terribili, il perché chiedetelo all’americano Gibson. Oggi ogni terrestre fischietta l’anthem Silicon Valley Silicon Valley e nessuno se la fa addosso, ma dovrebbe. Gli armenti, sempre più dipendenti da queste tecnologie, che hanno saputo in fretta renderli pigri alle riflessioni, sono persuasi fedeli dei nuovi sacerdoti di rito accettatissimo. Nuove Circi, nuovi porci.

La concentrazione del potere nelle mani di pochi prestigiatori porta con sé rischi lampanti. Intanto, un clan crea informazione perché vuole decidere che cosa dire e che cosa tacere. Anzi, che cosa far dire e che cosa far tacere. La cosiddetta libertà di pensiero sparisce sotto il tappeto. Pluralismo è diventata una parolaccia e chi per esempio ha osato portare avanti il concetto di “molti mondi”, anche se solo in fisica, è stato spesso sfanculato come povero matto. Succedeva parecchi anni fa ma la controrivoluzione era già stata innescata: deve esistere un solo mondo, il loro, il cloud.

Il secondo pericolo, brutto e ovvio quanto il primo, è la disuguaglianza. I sacerdoti di tante storie fa godevano di privilegi inaccessibili alla feccia; oggi, poco è cambiato, i tecno oligarchi hanno ammonticchiato fortune apparentemente ridicole ma utili invece a insaporire la loro attendibilità “scientifica” e a verniciarli di un ineguagliabile glamour attrattivo. Si sono resi assolutamente appetibili per i reucci di turno che, in quanto tali, esulano dalla realtà, anzi la rifiutano e si accodano smaniosi a chi ha saputo piegarla/piagarla. Poi – sono o non sono un Politico? Il Re? – affanculo quando non mi servirai più, speriamo presto, chi se ne frega se sei ricco. Interessante lo scontro fra questi due martelli. Chi soccomberà? Il tecno potere o il Potere? O cavalcheranno assieme verso il Sole come credo da anni? Tuttavia, tralasciando i duelli da corridoio, comico-pericolosi, la vera minaccia è lo iato scavato fra chi architetta, possiede e smercia le infrastrutture digitali e chi le utilizza da bavoso consumer, rafforzando l’aristocrazia tecnologica.

Infine il terzo pericolo: la manipolazione. Il potere degli algoritmi – di chi pensa gli algoritmi, in realtà, è di loro che stiamo parlando, non degli strumenti – la capacità cioè di governare i comportamenti a suon di righe di codice, è schifosa quanto la vecchia volontà dei sacerdoti di influenzare fede e decisioni strillando inni e preghiere: importa poco che glie l’abbiano commissionato furbi visir delinquenti o abbiano obbedito a inconfessabili pulsioni interne (molto probabili entrambi i meccanismi), attraverso il controllo del digit, dell’if>then, i nuovi monk possono, vogliono plasmare opinioni, orientare voti, indirizzare consumi, taglieggiare alleati: grazie alla lor scienza perfetta il libero arbitrio si è azzerato a pugnetta.

Mi ripeto: questo monopolio bianco (e giallo, andiamo) comporta dominio, disuguaglianza e furbate, alle solite. I nuovi sacerdoti son qui a ridimostrarci che il potere non rinuncia mai alle proprie collaudatissime logiche di esclusione e controllo. Ballando alle note di un minuetto impartitoci da orchestre convintamente ostili, stiamo sfiorando un futuro dominato da super Campioni, che tutto fanno, meglio di noi, e tutto vogliono, più precisi di noi. Un autentico campo di battaglia – la Nuova Guerra, zufolano gli up to date – e per non soccombere occorrerebbe riorganizzare da zero scuole, conoscenza, partecipazione, scelte, sfide, temi. Rifondare i desideri. Diventare attori protagonisti e scegliersi il copione – scriverselo, e via il Re/gista – è ormai giudicato un abominio ma è forse uno dei pochi tools rimasti per guarirci dal brutto contagio che fa le fusa nei server e nella nostra idiozia.